Colosseo ar sugo (di soia)

SULLA MAPPA – I giapponesi amano l’Italia. Altrochè se la amano. E no, non si tratta soltanto di fashion e/o cucina. Gli imprenditori nipponici, capeggiati dal potentissimo e nostrano Diego Della Valle, avrebbero deciso di finanziare il restauro del Colosseo. Ventitre milioni di euro per il recupero di uno dei monumenti più famosi al mondo. Una cifra che ha fatto tirare un sospiro di sollievo al sindaco della Capitale Gianni Alemanno, che ha dichiarato: «Pensavo ne occorressero 30 o 40 addirittura». Tranquillo lui, tranquilli tutti (?).

La locandina del film.

SUL SET – Il Colosseo è una location che, a torto o a ragione, viene difficilmente concessa al cinema. Bernardo Bertolucci per il suo «Il Conformista» è riuscito però a strappare un permesso. In una delle scene più importanti del film, è proprio all’interno del massimo teatro romano che il protagonista Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant) incontra l’autista che pensava di aver ucciso anni prima.

Scusa ma voglio divorziare

LA REALTÁAddio mia concubina. Non più in tre anni, ma in uno. Vista la frequenza con cui i romantici idilli matrimoniali finiscono in divorzio (si parla di poco meno di uno su quattro), è appena stata presentata a Montecitorio una proposta per accorciare i tempi delle separazioni.  L’intenzione sarebbe quella di passare da 36 a 12 mesi di attese burocratiche soltanto. Ma dietro al collasso dell’amore, c’è quello, ben più pragmatico dei tribunali. Il numero delle cause di divorzio è infatti diventato insostenibile. E al mondo cattolico in rivolta risponde l’onorevole del Pdl De Angelis, uno dei firmatari della proposta, con le parole: «Si tratta semplicemente di una via d’uscita semplificata». Sarà, ma alle volte non bastano 365 notti a portare consiglio.

La locandina del film.

DIVORZIO ALL’ITALIANA

Regia: Pietro Germi

Con: Marcello Mastroianni, Leopoldo Trieste, Stefania Sandrelli

Genere: Commedia

Durata: 120 minuti

Premi: Oscar 1962 per la migliore sceneggiatura originale

LA FINZIONE – Ammazza la vecchia (moglie), col cric. E con l’articolo 587, quello del delitto d’onore. Sicilia, anni ’60. Ferdinando Cefalù (Marcello Mastroianni), detto Fefè, sposato da dodici anni con la petulante Rosalia (Daniela Rocca), si innamora della giovane e fresca cugina Angela (Stefania Sandrelli). E partendo dal presupposto che il triangolo proprio no, Don Fefè decide di trovare un amante alla moglie e poi di ucciderla per questo. Come dire: cornuta e mazziata.

Il cinema nel cinema. Non sono solita ad apprezzare l’autoreferenzialità della settima arte, ma quando Mastroianni, nei panni siculi di Fefè, va al cinema per la prima de «La Dolce Vita» (di cui il bel Marcello è protagonista insieme ad Anita Ekberg), ho avuto un brivido. Perchè qui lo straniamento diventa, per magia, un elegante e bellissimo omaggio.

Nel Paradiso dei registi che meglio sono riusciti a raccontare l’Italia del secondo Dopoguerra, Pietro Germi siede sicuramente alla destra del Padre. In questa pellicola poi, dove l’autore di «Sedotta e Abbandonata» smette i toni cupi del melodramma per abbracciare quelli lievi e graffianti della commedia, si compie un vero miracolo.